Ormai è ufficiale: dopo tanti rumors, più o meno attendibili, Ducati ha diffuso un comunicato stampa in cui conferma che nel 2015 verrà commercializzato il nuovo Scrambler: una moto che sintetizzerà un mix di tradizione e modernità, senza tuttavia rientrare nel filone delle ormai numerose “operazioni vintage”.
Sarebbe stato fin troppo facile, infatti, procedere come era accaduto nel caso della gamma Sport Classic, riproponendo un’estetica simile al vecchio modello con l’aggiunta di una manciata di particolari dal sapore retrò, come cromature, doppi ammortizzatori e quant’altro.
Chi si aspettava una cosa del genere rimarrà deluso: il nuovo Scrambler rappresenta una moto moderna, seppur ovviamente ispirata al concetto originale, quello di un mezzo accessibile ed essenziale, fatto per stare all’aria aperta, coltivando il senso di libertà, la rilassatezza e il divertimento senza stress.
Canoni piuttosto lontani dal mondo della Casa di Borgo Panigale, che della sportività ha fatto la sua bandiera planetaria, tant’è che per sviluppare il progetto Scrambler, al di là del consueto lavoro portato avanti all’interno dell’azienda dall’ufficio tecnico, dai collaudatori, dal centro stile e dai progettisti, ha creato anche un’apposita brand unit, cosa che non era mai stata fatta per nessun altro modello prima d’ora.
Un luogo molto facile da identificare all’interno dell’azienda, a partire dal suo arredamento anticonformista, caratterizzato da una moquette in stile prato inglese sul pavimento e con tanti quadri appesi alle pareti, oltre a tutta una serie di accessori e capi di abbigliamento sparsi all’interno dell’open space: è questo il luogo dove lavorano Mario Alvisi, Claudio De Angeli, Rocco Canosa, Angelo Marino, Alberto Mami e Francesco La Placa.
Più che un ufficio sembra il loft di un trentacinquenne benestante con la passione per la moda, il surf, i film di Steve McQueen e, naturalmente, le motociclette: “Siamo partiti dai valori della moto che veniva costruita negli anni Sessanta e Settanta e ci siamo fatti questa semplice domanda: – racconta Mario Alvisi, direttore della brand unit – se Ducati avesse continuato a produrre lo Scrambler durante questi anni, come lo avrebbe fatto oggi? Secondo noi, lo avrebbe costruito così come sarà il nuovo modello: una moto che condivide gli stessi valori e che, naturalmente, riprende certi stilemi, come il manubrio largo, la sella lunga e ben imbottita e le ruote leggermente tassellate, ma che si caratterizza come un prodotto assolutamente contemporaneo, quindi niente ruote a raggi, tanto per capirsi, ma una bella coppia di cerchi in lega dal design che ne ricorda il carattere!“
Mario ci tiene molto a sottolineare come il nuovo Scrambler non vada considerata una moto vintage, o addirittura “fintage”, come dice lui: “E’ una moto essenziale, accessibile e curata nei dettagli, come lo era la sua progenitrice; per questo abbiamo cercato di evitare qualsiasi concessione al superfluo e prestato attenzione alla qualità della componentistica, in modo da proporre tanto divertimento in stile inconfondibilmente Scrambler.“
Analizziamo dunque le caratteristiche di questa nuova moto sulla base dei teaser diffusi dalla stessa Casa madre; per quello che possiamo dedurre, è bene sciogliere innanzitutto un’importante questione circa la motorizzazione, visto che in molti si sono chiesti quale sarà il tipo di propulsore che spingerà lo Scrambler MY 2015, dando adito alle ipotesi più fantasiose circa il frazionamento, la cilindrata e le relative prestazioni.
Ebbene, a equipaggiare questa nuova Ducati sarà un bicilindrico a due valvole con raffreddamento ad aria: “Proprio per il discorso che abbiamo fatto all’inizio, – spiega Alvisi – è evidente che uno Scrambler odierno doveva essere bicilindrico, visto che negli ultimi trentacinque anni l’azienda si è evoluta quasi esclusivamente con questo tipo di motorizzazione.“
Ad ogni modo, Scrambler non è solo una moto, ma un brand a sé stante, che si porta dietro uno stile di vita molto particolare, diverso, come dicevamo, dalla tradizionale impostazione Ducati, che vuole la sportività e le performance, seppure “redefined”, al centro di tutto.
Per questo è stato necessario mettere a punto nuove strategie, anche per quanto riguarda la scelta dell’abbigliamento e degli accessori: “Il mondo che gravita attorno al nuovo Scrambler è riassumibile attraverso l’immagine che campeggia ai lati del suo serbatoio, – a parlare è Claudio De Angeli, Motorcycle Related Product Manager – quella stessa ala che compariva anche sulla prima versione, ovviamente reinterpretata in chiave moderna, all’interno della quale il brand Ducati supporta il marchio Scrambler e non viceversa. Per questo motivo, gli appassionati troveranno un repertorio assolutamente inedito per quanto riguarda capi d’abbigliamento e accessori. Si tratta dunque di un cambiamento molto importante, che ha interessato l’azienda anche a livello culturale.“
Con il nuovo Scrambler si reinterpreta una filosofia che appartiene certamente alla storia della Casa di Borgo Panigale, ma che viene vissuta in maniera differente rispetto a quella che è l’impostazione attuale degli altri modelli: “Oggigiorno, Ducati è sinonimo di Authentic Italian Performance, – riprende la parola Alvisi – mentre lo Scrambler è qualcosa di diverso: rappresenta una moto dallo spirito libero, che non fa della tecnologia e delle performance estreme il suo punto forte, quanto piuttosto della creatività, dello stile, dell’autenticità e direi anche dell’autoironia. Inoltre, il design italiano che caratterizza le moto che nascono qui a Bologna, nel caso dello Scrambler va visto più come un’interpretazione in chiave post heritage; una moto divertente ed essenziale che unisce stili diversi dando vita a un oggetto unico.“
In altre parole, lo Scrambler rappresenta anche la base ideale con cui crearsi il proprio stile.
Come si vede dai vari teaser diffusi, i pneumatici presentano una discreta tassellatura, che nel disegno ricorda quella dei Pirelli MT60 (ipotesi verosimile visto che il colosso milanese equipaggia ormai tutta la gamma Ducati), mentre l’impianto frenante anteriore prevede un solo disco di grosso diametro con pinza radiale a quattro pistoncini e la strumentazione è completamente digitale, decentrata sul lato destro del manubrio.
Infine, i cerchi non sono a raggi, come qualcuno si sarebbe potuto aspettare, ma a razze dal disegno inedito, con l’anteriore che sembra di diametro superiore rispetto al posteriore.
Tra l’altro, la nostra visita presso la fabbrica bolognese è avvenuta pochi giorni dopo che i dipendenti avevano ammirato la moto in anteprima: Alvisi e company, infatti, si sono inventati un modo piuttosto originale per raccogliere le prime impressioni sul nuovo modello, senza che questo fosse necessariamente mostrato in pubblico: “Lo Scrambler appartiene alla storia della Ducati, quindi abbiamo pensato di coinvolgere le persone che lavorano in azienda tappezzando i corridoi che collegano i vari uffici con delle locandine che ritraevano il vecchio collaudatore in sella allo Scrambler degli anni Settanta, accompagnate dalla scritta ‘Segui il baffo’. Poi, qualche giorno più tardi, nel parcheggio riservato ai dipendenti che possiedono una Ducati (le altre moto sostano in un’altra zona, ndr), è stata allestita una spiaggia, con tanto di ombrelloni e tavole da surf, di fianco alla quale compariva un container giallo, con il logo Scrambler impresso sopra. In pratica, tutti potevano entrare nel container per vedere la moto, non prima però di aver consegnato eventuali cellulari e fotocamere. Inoltre, chi lo desiderava poteva partecipare anche alla nuova campagna pubblicitaria, che prevede tre iniziative principali: la prima si intitola ‘Faccia da Scrambler‘ ed è consistita nell’immortalare l’espressione delle persone nell’attimo in cui hanno visto la moto per la prima volta, la seconda è stata ribattezzata ‘Scrambler is‘ e permetteva ai dipendenti di esprimere la loro opinione su ciò che rappresenta per loro questo modello, mentre la terza altro non era che il casting per trovare i successori di Franco, ovvero il baffuto collaudatore immortalato sulle locandine, ed Elvira, la ragazza che sta alle sue spalle con la bandana in testa!“
La cosa curiosa è che tutto è stato organizzato senza alcun tipo di preavviso, pertanto, nei giorni precedenti, molti si domandavano quale fosse il “baffo” da seguire: “Per confondere un po’ le acque, – racconta divertito Claudio De Angeli – tutti noi della brand unit nel frattempo ci eravamo fatti crescere i baffi, ma c’è addirittura chi pensava che quella frase fosse riferita a Silvano Fini, il nostro Plant Director, o a Gianluigi Mengoli, presidente della Fondazione Ducati, entrambi famosi per i loro mustacchi!“
A proposito di Mengoli, ci è sembrato doveroso, oltre che interessante, raccogliere anche il parere di chi, a proposito di Scrambler, ha vissuto l’epoca in cui veniva prodotto il modello originale, del quale tra l’altro è grande estimatore nonché proprietario: “Lo Scrambler nasce su richiesta dei fratelli Berliner, importatori Ducati per gli Stati Uniti, che volevano un modello che si adattasse ai gusti dei motociclisti americani. – spiega il Presidente della Fondazione Ducati – Fu Giorgio Monetti, famoso per il giro del mondo insieme a Leopoldo Tartarini e all’epoca direttore commerciale, a prendere i primi contatti. Poi, però, il successo di questo modello ha superato qualsiasi aspettativa, trasformandosi in una delle pietre miliari della nostra azienda, come il 916 o il Monster. Oggi, lo Scrambler è come un monumento, perciò credo che sia stato giusto riproporne una versione moderna e devo dire che chi si è occupato del progetto ha fatto un ottimo lavoro, perché ha saputo interpretarne i concetti di base rispettando la tradizione, proponendo al tempo stesso un mezzo pratico e tutt’altro che nostalgico. Tra l’altro, proprio a riprova della natura estremamente funzionale del modello originale, va detto che il suo design fu opera di Renzo Neri, che pur essendo l’allora responsabile dell’ufficio tecnico aveva una mano particolarmente ‘felice’ e dunque disegnò anche il serbatoio, la sella e i parafanghi. La cosa non deve comunque sorprendere: all’epoca non esisteva un centro stile ed era normale che la parte estetica delle moto fosse curata dai tecnici. Il primo esempio a rivoluzionare l’azienda in tal senso è stata la Paso, che ha potuto contare sulla prestigiosa firma di Massimo Tamburini.“
Va detto che non deve essere stato facile sviluppare un progetto di questo tipo, vista la sua notevole importanza storica e simbolica; il rischio di andare “fuori tema”, infatti, era piuttosto alto e le conseguenze sarebbero state assai spiacevoli e pesanti.
Invece, a quanto pare, questa moto ha saputo suscitare grande entusiasmo all’interno della Casa di Borgo Panigale, sia dal punto di vista strategico che da quello dei contenuti, facendo prevedere un successo di vendite davvero importante, anche se la risposta definitiva si avrà solo dopo la presentazione ufficiale, prevista il prossimo novembre in occasione del Salone di Milano.