Il sidecar, nonostante sia a pieno titolo una specialità appassionante, coinvolgente e di altissimo livello tecnico, non ha mai goduto in ambito mondiale della considerazione che gli spetterebbe.
A suo merito, va anche il fatto di essere stato scuola di base per molti piloti di levatura mondiale, che si sono poi affermati sulle moto singole.
Forse il fatto che nessuna delle grandi marche costruttrici abbia mai realizzato interamente un proprio sidecar da campionato mondiale (la Yamaha, che di fatto ha vinto ben 25 titoli iridati nei sidecar, si limitava a fornire i motori senza progettare e realizzare anche i telai) ha in parte limitato l’affermazione di questi mezzi che hanno avuto comunque vasta eco globale con notevole spiegamento di mezzi e concorrenti.
Dopo essere stati presenti per decenni nel Mondiale (chiudevano di solito la giornata di gare sui vari circuiti), i sidecar hanno rivestito poi il ruolo di “riempitivo” tra le due manche della Superbike.
Ora hanno un proprio campionato mondiale (organizzato dalla Federazione tedesca), che si svolge su un numero molto limitato di circuiti europei, nell’ambito di appuntamenti comunque internazionali, ma non ha alcun rapporto economico con il Mondiale MotoGp della Dorna.
Negli ultimi anni, il Mondiale sidecar è stato corso in quasi tutta Europa, anche sul circuito di Rieka, ma non in Italia. Le prove in totale sono dodici e si svolgono in due giorni (una al sabato e l’altra la domenica).
Nelle ultime edizioni, il titolo è andato anche a coppie nordiche (perfino a un pilota di 63 anni) col pilota finlandese Pekka Paivarinta iridato con passeggeri svizzeri e nel 2016 con la connazionale Kirsi Kainulainen, prima donna a diventare campione del mondo. Ultimamente sono stati i fratelli inglesi Birchall a dettare legge, insidiati dal connazionale Reeves che l’ha spuntata nel 2019.
In Italia si è imitato in parte il trend globale e attualmente le gare più seguite di questa specialità sono di fatto quelle storiche in cui possiamo vantare comunque equipaggi di grande valore che si sono imposti in passato ai massimi livelli agonistici.
Uno di questi è senza dubbio quello formato dai bolognesi Roberto Pedrini (pilota) e Alessandro Mignani (passeggero) che hanno vinto a raffica titoli e gare in pista e in salita con i colori dei Vigili del Fuoco di Bologna e del Moto Club Ruggeri di Bologna. Anche dopo il ritiro dall’agonismo puro (avvenuto nel 1991) non hanno mai smesso di essere presenti nelle manifestazioni in cui era prevista la partecipazione dei sidecar.
La passione li ha portati a scendere in pista nelle prove storiche ufficiali e proprio per questa “incontenibile costanza” si sono presi ora la soddisfazione di stabilire il record mondiale di presenze nel settore sidecar. Sono più di cinquanta anni che la coppia bolognese non manca un appuntamento e nei momenti in cui non corre si impegna nella costruzione di sidecar che scendono in gara nelle prove ufficiali con altre coppie: dal 1991 a oggi Pedrini e Mignani hanno costruito ben 18 telai.
Dal primo sidecar realizzato negli anni Settanta (nell’officina all’interno della caserma dei Vigili del Fuoco di Bologna che era alloggiata in una delle curve dello Stadio Dall’Ara) a oggi, i mezzi hanno subito una trasformazione totale, tanto che i sidecar attuali appaiono più come vetture prive dell’abitacolo che mezzi di ispirazione motociclistica come in realtà sono.
Pedrini e Mignani hanno vissuto passo passo questa evoluzione, si sono documentati, hanno tenuto contatti con i pochi costruttori che ancora operano in Inghilterra, e hanno lavorato duro nell’officina sotto casa per restare all’avanguardia tecnica e creare modelli che destano l’ammirazione di appassionati e anche di semplici osservatori privi di conoscenze meccaniche.
Una spinta determinante nella creatività è diretta eredità paterna: Roberto Pedrini, infatti, è figlio di Enrico che è stato tecnico di grande inventiva, avendo sempre progettato moto e motori all’avanguardia e lavorando con ottimi risultati, oltre che in Ducati, alla MM di Bologna, all’Innocenti e alla Morini.
La voglia di migliorarsi non ha però portato Pedrini e Mignani a dimenticare il passato e anche per questo motivo non hanno fatto il “grande salto” che avrebbe condotto alla creazione di sidecar col motore posteriore, carenati come auto da corsa e con le gomme ribassate che vengono impiegate anche sulle Formula 3.
Il loro grande bagaglio tecnico è rimasto focalizzato su mezzi con telaio scatolato, ruote slick alte-basse e soprattutto spinti da motori montati anteriormente.
Il sidecar che impiegano attualmente è stato realizzato nove anni fa e ha ovviamente un’impostazione tecnica tradizionale che consente loro di fare comunque ottimi risultati.
Una dimostrazione dell’attaccamento al passato viene anche dalle tute in pelle che impiegano abitualmente nelle manifestazioni; quella più usata è una Alpinestars che hanno avuto in regalo dalla ditta 45 anni fa, grazie all’interessamento dell’amico Italo Forni, asso bolognese del motocross italiano.
La passione per i sidecar a Pedrini è venuta naturale, visti i precedenti di famiglia, tanto che ha iniziato a gareggiare già nel 1968, come passeggero, sul circuito di Vallelunga, mentre svolgeva la formazione al centro nazionale dei Vigili del Fuoco di Roma.
Tornato a Bologna, ha fatto il salto a pilota nel 1970 dopo essersi costruito un proprio telaio su cui aveva montato un motore Saturno.
L’anno seguente ha impiegato un motore OMB (Officine Meccaniche Bazzanesi) fatto dal padre con pezzi rottamati da materiale bellico dismesso.
La nascita della coppia con Mignani è avvenuta quasi per caso: un giorno stava provando (con un passeggero molto scarso) sul circuito di Modena dove Mignani, anche lui pompiere, svolgeva regolare servizio.
Fotografava anche piloti e mezzi (prima di diventare pompiere, infatti, aveva lavorato come fotografo professionista per l’affermata agenzia bolognese FotoWall di Walter Breveglieri).
Fu Mignani a chiedere di provare come passeggero perché la cosa lo interessava. Pedrini accettò con gioia, Mignani salì sul sidecar con la tuta da pompiere e un casco prestato da un amico e nacque subito piena sintonia col collega di lavoro e di moto; da quel momento la coppia Pedrini-Mignani ha iniziato la scalata ai vertici nazionali.
Il primo salto di qualità avvenne nel 1972, dopo aver ottenuto dall’Ingegner Taglioni il muletto usato da Paul Smart nella 200 Miglia di Imola. Grazie a quel propulsore di valore mondiale, la coppia bolognese salì in vetta al campionato italiano e ottenne anche un terzo posto a Zeltweg, nel 1973, nella categoria 750 cc.
Si è poi aggiudicata il campionato italiano 1975 e 1979 di velocità in circuito e 1978 in salita. Vanta inoltre anche due secondi posti e due terzi posti nel tricolore, 54 vittorie e 48 secondi posti in prove di velocità e scalate.
La loro carriera non è stata facile, perché per riuscire a scendere in pista nelle prove più titolate si sono mangiati per anni tutte le ferie. Per riuscire a correre con Pedrini, Mignani si fece addirittura assegnare al distaccamento di Bazzano perché lui e Pedrini a Bologna non potevano essere inseriti nello stesso turno di lavoro e far coincidere così ferie e turni di riposo.
Il comando generale dei Vigili del Fuoco, infatti, non includeva il motociclismo tra i suoi sport rappresentativi (si puntava su volley, pugilato, boxe, ginnastica e lotta).
Ottennero alcune facilitazioni solo dopo che il responsabile nazionale, il professor Massocco, li vide in azione durante la conquista del titolo italiano del 1975.
Altra grande difficoltà è stata il reperimento del danaro necessario per la presenza alle varie competizioni: spesso la coppia bolognese doveva dormire in tenda e anche per questo motivo la presenza nelle gare mondiali è stata molto limitata, nonostante l’alto livello agonistico che Pedrini e Mignani avrebbero potuto sfoggiare.
Anche se non hanno mai conquistato l’iride ora si sono tolti la soddisfazione di stabilire il record mondiale di presenze potendo vantare mezzo secolo di attività come atleti e costruttori.
Il sidecar italiano, grazie a loro, è diventato finalmente mondiale.
E la storia non finisce certo qui …