Quando avrete modo di leggere queste righe, probabilmente Stoner e la Ducati saranno ancora più vicini all’iride di ora. Del resto, anche sulle bancarelle di Misano già si proponevano magliette celebrative. Scriviamo all’indomani del Gran premio di San Marino e della Riviera di Rimini, un altro capitolo del fantastico dominio del ventunenne pilota australiano di Southport e della sua Ducati Desmosedici GP7, solo l’ultimo tassello di un’impressionante striscia di risultati che, a fine stagione, assumerà i connotati di un record.
Il binomio Stoner-Ducati è un muro dove si infrangono le velleità degli avversari. Casey e la GP7 sono un esempio di simbiosi che ha dell’incredibile.
All’inizio della sua avventura in MotoGP, Ducati Corse dichiarò che la costruzione della moto attorno all’uomo era stato il fulcro attorno al quale tutto il progetto aveva preso le mosse e si sarebbe in seguito sviluppato.
SBK a Jerez: avanti tutta!
A Jerez de la Frontera, seconda tappa del campionato SBK, si ri-accende lo spettacolo con Ducati protagonista. Doppietta di Redding e secondo posto in gara 2 per Davies.
Come nasce la Ducati Desmosedici da MotoGp
Ripercorriamo insieme la nascita della Desmosedici: la moto con la quale, in soli cinque anni, Ducati ha conquistato il tetto del mondo.
Casey Stoner e la sua moto sono oggi la sublimazione di questo concetto.
La moto perfetta, realizzata attorno al pilota, è quella di quest’anno: “Sì, però è simpatico notare che noi l’abbiamo costruita e sviluppata nel 2005, quando Stoner non c’era! – a parlare è l’ingegner Filippo Preziosi, Direttore Tecnico di Ducati Corse – Addirittura non correva neanche in MotoGP; l’abbiamo progettata e costruita analizzando i dati, ma anche parlando molto con i nostri piloti, principalmente con Loris Capirossi. Poi ci siamo trovati di fronte a un felice connubio tra le caratteristiche di questa moto e lo stile di guida di Casey.”
Solo un anno fa, alla stagione del debutto in MotoGP con la Honda del Team LCR, il pilota australiano si era fatto notare per l’estrema velocità, che spesso vanificava con rovinose cadute.
“Stoner fa un uso estremo del cambio – prosegue Preziosi – utilizza marce basse che gli consentono di tenere alto il regime di rotazione del motore. Lui fa d’istinto quello che noi ci sentiremmo di suggerire tenendo conto delle caratteristiche del motore. Questa è una fortuna, perché molto spesso ci si trova a spingere un pilota affinché modifichi il suo stile di guida per far rendere al meglio il motore, a convincerlo di guidare in un’altra maniera: io credo che Casey abbia un talento spaventoso. Lo si vede in particolare appena entra in pista, veloce già dal primo crono. Oppure sul bagnato, dove è velocissimo: lui ha un feeling con la moto che non gli ha richiesto l’apprendistato.”
Eppure Stoner, il granitico di quest’anno, è così diverso da quello che finiva i suoi arrembaggi nella gragnola di sassi delle vie di fuga…
“E’ la confidenza che ha trovato con l’anteriore della Desmosedici ad avergli fatto fare questo salto di qualità – prosegue Preziosi – Tra i vari tipi di gomme, abbiamo trovato un pacchetto che gli dà quella fiducia della quale ha bisogno per forzare veramente.”
È certo che Stoner abbia potuto iniziare a esprimersi al meglio confidando nel naturale feeling con la sua moto, così come era già certa la Ducati come compagine competitiva.
Giova ricordare che, senza lo spaventoso incidente di Barcellona, Loris Capirossi avrebbe conservato le ambizioni circa la conquista del titolo dell’anno scorso fino alla fine.
Però c’è dell’altro: Stoner è cambiato. A supporto di questa affermazione si possono considerare due fattori. Il primo è quello legato alla maturazione come uomo, prima che come pilota, dovuta all’età del rider australiano. I segni del cambiamento avevano già dato segnali durante i primi test.
Casey aveva dichiarato all’inizio che non si sarebbe curato delle gerarchie del campionato, che si sarebbe battuto insomma con Rossi così come con l’ultimo in griglia.
Il secondo fattore è la consapevolezza della propria forza acquisita iniziando e continuando al meglio.
Avere la conferma inconfutabile del valore che magari nell’intimo si sa già di poter esprimere porta a vincere.
Casey Stoner porterà la Ducati alla prima storica affermazione, così come la Ducati condurrà Stoner sul tetto del mondo. Uomo e moto, di pari passo.
Il reparto corse di Borgo Panigale ha avuto il merito di credere in lui, ha avuto la capacità di supportarlo al meglio quando la stagione del pilota australiano ha assunto un carattere di ben più ampio spessore rispetto a quello di semplice apprendistato che era lecito aspettarsi.
Ancora una volta va lodata l’estrema reattività di Ducati Corse quando si sono trovati per le mani un ragazzino terribile, come lo definisce l’ingegner Claudio Domenicali.
“E’ dotato di un talento veramente impressionante – ci dice – ha una capacità di sentire la moto e una sensibilità che noi abbiamo visto rarissimamente. Ha trovato nella nostra moto delle caratteristiche che lo aggradano particolarmente. Riesce a farla girare come nessuno aveva mai fatto prima. Noi l’abbiamo evoluta passo dopo passo anche secondo le sue richieste. Ci troviamo di fronte a una delle situazioni nelle quali si trova un feeling che è difficile sapere da dove parta. Quello che è certo è che le prestazioni della nostra moto, quanto a velocità di punta, gli hanno dato una grossa mano a inizio stagione, lo hanno aiutato a prendere una confidenza che poi lo ha reso veramente molto forte.”
Un rapporto paritario di simbiosi, dal quale pilota e marca traggono uguale beneficio.
Alla base del successo che la Ducati e Stoner stanno riscuotendo, come dicevamo, sta la grande forza del reparto corse e del suo pilota.
“Sì, il successo si fonda su questo – prosegue Domenicali – Su un pilota che dà gas come non si era mai visto, su una struttura e un’organizzazione basata su persone che hanno una capacità e una competenza che è il risultato della selezione di quindici anni. Filippo Preziosi e io siamo dei grandi teorici del fatto che il successo delle organizzazioni dipendono dalla capacità delle persone che ci lavorano. Crediamo che i ragazzi che abbiamo a Bologna siano veramente molto, molto speciali, che siano loro il vero motivo per il quale si riescono a fare delle cose che sembrano impossibili o difficili. Sono tutti usciti dalle nostre università: questo vuol dire che la competenza e la capacità in Italia c’è ed è la cosa più interessante di questo discorso.”
Un altro aspetto interessante che la storia di questo campionato ci porta a notare è che la Ducati domina solo con Stoner.
In pratica ci sono in pista quattro Desmosedici tutte uguali, almeno in partenza: c’è il rammarico di non essere riusciti a imporre un dominio con sfaccettature diverse?
“Sai, il Costruttore vorrebbe sempre che le moto fossero tutte sul podio – commenta Domenicali – D’altra parte questo è uno sport con una componente umana fortissima e quindi è estremamente complesso risolvere i problemi quando questa componente umana si mette di traverso. Con Loris abbiamo lavorato tantissimo, abbiamo preparato delle versioni speciali, come il motore con l’erogazione diversa che abbiamo portato al Mugello, abbiamo fatto una serie di riflessioni sul telaio, sulle geometrie, però non abbiamo trovato il bandolo della matassa. A volte ci sono delle situazioni difficili per le quali non abbiamo la bacchetta magica! Garantire la competitività a tutti è uno dei punti sui quali lavorare e far meglio in futuro.”
Intanto è lecito godersi gli esaltanti successi di Casey Stoner, così stupefacente anche dal punto di vista del carattere da dare un’impressione che non è quella di voler demolire la psiche degli avversari, ma che è quella – e scusate il giro di parole – di demolirne la psiche dando l’impressione di non curarne il valore.
Foto Marco Rimondi e Ducati Corse