Trialbero Desmo 250: storia di un motore dato per perso

Trialbero Desmo 250: storia di un motore dato per perso

Una vera rinascita quella del Trialbero Desmo 250, portata avanti con passione e caparbietà da Massimo del Biondo.

Una cosa del genere non era mai stata fatta. O meglio, aveva preso forma per mano del suo creatore originale, ma poi era stata distrutta in seguito a una vicenda che aveva del clamoroso.

Il Trialbero Desmo 250 che vedete nelle immagini, infatti, è una fedele replica di quello che, nel 1958, fu progettato dall’Ingegner Fabio Taglioni per rafforzare l’attività agonistica della Casa di Borgo Panigale. Tuttavia, il direttore commerciale di allora, Fredmano Spairani, non vide di buon occhio la cosa, convinto che in quel momento l’azienda avesse bisogno di concentrare le proprie risorse economiche nella produzione di serie, piuttosto che nelle competizioni.

Così, all’indomani dell’unica gara mai disputata con questo propulsore, che avvenne sul circuito di Modena, Spairani disse a Taglioni che quel progetto andava stoppato, minacciandolo di far fondere il motore in questione nel caso non avesse rispettato l’avvertimento.

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Il paragone con i meccanismi dell’alta orologeria non è affatto esagerato, se ammiriamo la cura e la precisione con cui sono stati progettati e realizzati i componenti della distribuzione desmodromica. Tolleranze ridotte al minimo per consentire il perfetto funzionamento.

Abbiamo bisogno di produrre moto da vendere ai clienti, non di perdere tempo nelle corse!” deve essere stato, più o meno, questo il concetto che il direttore commerciale impose all’Ingegnere. Taglioni, che come molti sanno credeva fortemente nell’utilità delle competizioni ai fini di accelerare lo sviluppo tecnico dell’azienda, reagì stizzito e quel motore andò a finire dritto nel crogiolo della fonderia che un tempo era presente all’interno della fabbrica.

Da allora sono passati quasi 60 anni, ma nel frattempo c’è stato chi quel motore è riuscito a farlo rinascere: Massimo Del Biondo era infatti amico dell’Ingegner Taglioni e, grazie alla sua frequentazione, è riuscito a reperire le informazioni necessarie per ricostruire il Trialbero Desmo 250.

Un motore unico, dunque, che, nel pieno rispetto della tradizione di Borgo Panigale, prevede una lunga serie di accorgimenti tipicamente racing, visto che, come abbiamo già detto, si tratta di un’unità che era stata progettata per essere impiegata nelle competizioni.

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Questo motore rappresenta un capitolo importante nella storia Ducati: il fatto che sia stato ricostruito sulla base delle informazioni disponibili ci consente di ammirare uno dei punti più alti e impegnativi del lavoro dell’Ing. Taglioni.

Finalmente sono riuscito a mantenere una promessa che avevo fatto allo stesso Taglioni, riportare alla luce quel monocilindrico che, suo malgrado, era stato costretto ad abbandonare dopo appena una gara. – spiega commosso Del Biondo – Il rapporto che mi legava all’Ingegnere era speciale, sono davvero felice di aver contribuito alla materializzazione di uno dei suoi progetti più rappresentativi”.

In effetti, basta guardare una delle tante foto dove Del Biondo compare in compagnia di Taglioni, come sempre elegantissimo e ritratto con l’immancabile sigaretta tra le dita, per capire che tra i due c’era un rapporto di profonda stima e amicizia.

Una volta, dopo aver ascoltato il rumore di un altro motore che avevo realizzato grazie a lui, l’Ingegnere mi disse in dialetto: tu sei matto! Nel senso che era da pazzi investire così tanto tempo e risorse senza alcun scopo se non quello della soddisfazione di sentire in moto ancora una volta quei gioielli della tecnica”.

Esatto, Del Biondo usa la parola giusta: gioielli, questo Trialbero Desmo non può essere definito diversamente.

La perfezione con cui sono stati progettati gli ingranaggi della distribuzione, ad esempio, è qualcosa di impressionante, che fa pensare più al meccanismo di un orologio di precisione, piuttosto che a un motore da corsa. I numerosi alleggerimenti presenti su di essi sono la riprova che, anche sessant’anni fa, Ducati non lasciava niente al caso quando si trattava di impegnarsi nelle competizioni.

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Del resto, il 250 fu disegnato da Taglioni subito dopo la felice esperienza con il 125, del quale era dunque la naturale evoluzione: stiamo parlando di un propulsore che in gara, stando alla testimonianza diretta rilasciata da Franco Farné, era in grado di raggiungere anche i 14.000 giri!

Il Desmo non aveva i limiti strutturali delle valvole a molla, – puntualizza Del Biondo – quindi poteva funzionare a regimi elevatissimi garantendo il perfetto rispetto del diagramma di distribuzione, anche se è chiaro che il suo funzionamento è più complesso e dunque richiedeva una progettazione e una messa a punto più accurata. Inoltre, aveva il vantaggio di assorbire meno potenza, tant’è che il 250 era in grado di erogare qualcosa come 35 o 36 cavalli alla ruota, che rappresentavano un valore elevatissimo per l’epoca”.

Per ottimizzare il funzionamento del Trialbero Desmo, Del Biondo si è concesso, per così dire, un’unica libertà, sostituendo le bronzine previste in origine a supporto dei perni dei bilancieri con delle gabbiette a rulli. Per il resto, tutto rispetta le specifiche originali, al punto che lo stesso Del Biondo ci tiene a sottolineare che, in merito alla realizzazione di questo motore, non si è dovuto “inventare” praticamente nulla.

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Notare la cura con cui sono realizzati i vari particolari e l’attenzione con cui si è provveduto ad alleggerire ogni ingranaggio. Il cielo del pistone è particolarmente pronunciato, con ampi scavi per le valvole, per ottenere un valore di compressione particolarmente elevato.

Anche le piccolissime camme sembrano appartenere al repertorio dell’arte orafa piuttosto che alla meccanica da corsa e il loro profilo è stato oggetto di particolare attenzione da parte di Del Biondo, visto che sono state lavorate praticamente a mano.

Il diametro delle valvole è di 42 mm per quella di aspirazione e 36 mm per quella di scarico, mentre il carburatore ha il diffusore da 35 mm. Misure importanti proprio perché, come abbiamo detto, si trattava di una moto da corsa che, in termini di velocità massima, non aveva grossi problemi a superare i 200 Km/h a seconda della rapportatura prescelta.

Questo era possibile grazie anche al peso particolarmente contenuto, come testimoniano anche i coperchi della testa realizzati in magnesio.

Il pistone, invece, è della Borgo e presenta un cielo particolarmente bombato, con due ampie asole per le valvole, e determina un rapporto di compressione di circa 12,5:1.

Allo stesso modo, la biella, che è stata ricavata dal pieno, e i bilancieri presentano un’accurata lucidatura che ottimizza sia le prestazioni che l’affidabilità, come accadeva sui motori ufficiali.

L’impianto di lubrificazione presenta numerosi passaggi esterni, in modo da consentire all’olio una migliore dispersione del calore e, di conseguenza, un maggior potere lubrificante.

Per ultimare la costruzione del Trialbero, Del Biondo ha impiegato quasi quindici anni, dal momento che la realizzazione delle fusioni, e tutta la successiva fase di affinamento, sono state portate avanti un po’ alla volta, quando la disponibilità economica glielo permetteva, visto che il progetto è stato finanziato interamente di tasca sua.

Un impegno notevole, ma che Del Biondo, evidentemente, sarebbe pronto a ripetere anche domani mattina, vista la convinzione con la quale lo ha portato avanti e, soprattutto, la soddisfazione che gli ha regalato.

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Un’altra vista del motore replicato da Massimo Del Biondo. Taglioni si era già cimentato nella distribuzione trialbero desmo con la 125 che nel 1956 vinse con Degli Antoni nel Gp di Svezia.

Taglioni ha comunque avuto modo di vedere le prime fusioni, – racconta con orgoglio Del Biondo – visto che ho iniziato i lavori quando l’Ingegnere era ancora vivo. Gli regalai anche il grezzo di una delle teste, che adesso credo venga conservata da suo nipote”.

Tornando alle particolarità tecniche del Trialbero Desmo 250, Del Biondo fa un’altra considerazione interessante: “Una delle cose che mi ha sempre colpito di questo motore è il fatto che, per come è costruito, è in grado di funzionare solo se è in fase, altrimenti non gira! In pratica, rappresenta la perfezione, qualcosa che rispetta un concetto di assoluta armonia tra le varie parti in gioco. Basta dire che il bilanciere di chiusura lavora in assenza di gioco, o come si dice in gergo ‘a zero’, e con un gioco di appena due decimi, che sono pochissimi, il sistema non può girare: o spacchi i bilancieri o il motore si ferma!”.

Forse Taglioni aveva ragione, bisogna essere un po’ matti per dedicare così tanto tempo a un progetto che, in realtà, allo stato attuale non ha sbocchi né commerciali né agonistici, ma alla fine, l’intera vicenda è riconducibile a una sola, bellissima parola: passione.

E’ la passione che ha spinto Del Biondo a fare tutto questo, una voglia che ha sentito maturare dal profondo e che si è trasformata nella necessità di vivere questa esperienza. Perché come dice lui stesso: “La passione è più forte di me!”.

Foto di Enrico Schiavi

Questo articolo ha un commento

  1. Luigi Rivola

    Fredmano Spairani non c’entra nulla col trialbero desmo. Non era alla Ducati allora. Viceversa, nel 1971 fu proprio Spairani ad appoggiare la nascita del bicilindrico a “L” contro il parere dell’EFIM e a riaprire il reparto corse per correre la 200 MIglia di Imola

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