La special protagonista di questo servizio si chiama Vyrale, visto che il suo proprietario, Alessandro Abruzzese, la considera come una sorta di incrocio tra la Vyrus, creatura partorita dalla geniale mente di Ascanio Rodorigo, e la Brutale, la splendida MV Agusta disegnata da Tamburini, cui si è ispirato a livello di linee.
In origine, la moto dalla quale Alessandro è partito per effettuare i lavori era una ST4 del 2000. La prima modifica che ha scatenato tutto il resto della trasformazione è a dir poco singolare.
Abruzzese ha iniziato la sua carriera di tuner semplicemente riposizionando il serbatoio del liquido refrigerante della sua moto, che in origine era collocato esternamente al telaio e dunque influiva in modo non ottimale sulla maneggevolezza del mezzo.
Da lì, si è come innescata una reazione a catena che continua tuttora.
“Dovevo semplicemente effettuare qualche intervento marginale, – spiega Alessandro – invece sono passato alle maniere pesanti, grazie anche all’aiuto di un amico, Vincenzo. E’ stato lui, ad esempio, che si è occupato del taglio e della saldatura del telaio.”
Partiamo tuttavia dalla parte estetica. Lo strano cupolino che caratterizza questa realizzazione è stato in realtà ottenuto a partire dal parafango di una 851 e dal plexiglas di una Yamaha R6 del 2008. I piccoli faretti provengono invece dal panorama dei ricambi aftermarket, mentre il serbatoio del carburante apparteneva a una 748.
I cerchi a cinque razze sdoppiate facevano parte dell’equipaggiamento di un Monster S4RS, così come il bellissimo forcellone monobraccio in tubi con capriata di rinforzo superiore e l’ammortizzatore Öhlins.
Del Monster è anche la sella, modificata, mentre la strumentazione è stata prelevata da una MHe 900, la moderna replica ispirata alle gesta del leggendario Mike Hailwood.
Questa scelta ha imposto particolare attenzione per quanto riguarda i rapporti della trasmissione finale, visto che la MHe è l’unico modello ad avere il sensore del tachimetro direttamente rivolto verso il pignone, e pertanto deve lavorare con ingranaggi che hanno un numero di denti predefinito per indicare la velocità reale.
Artigianale è il telaietto posteriore, realizzato in alluminio, così come l’intero impianto di scarico realizzato da Corrado della RT Racing di Roma, amico di Abruzzese, il quale ha firmato la sua realizzazione con il nome d’arte di “Corradovic”.
Si è trattato di un lavoro piuttosto impegnativo, che ha richiesto non meno di un’intera settimana di impegno a tempo pieno. Il terminale è comunque quello di una R6 successivamente adattato.
Tante ore di manodopera sono state necessarie anche per modificare l’impianto elettrico, con l’obiettivo di occultarlo alla vista una volta tolte le sovrastrutture. Tutto ciò che si trovava sul lato destro della moto, dunque, è stato “trasferito” sotto la sella, mentre il regolatore di tensione è stato spostato nella parte anteriore del mezzo.
I cablaggi originali sono quindi stati completamente rifatti, il che ha richiesto, come dicevamo, una notevole dose di pazienza.
Un altro intervento certosino ha riguardato il telaio, che ha “perso” le tradizionali fascette a favore, ancora una volta, di una maggiore pulizia estetica. “Una cosa che mi ha sempre colpito negativamente delle Ducati – spiega Abruzzese – è il telaio, che finisce per assomigliare a una canna di bambù con tutte quelle fascette. Così, abbiamo saldato all’interno della struttura dei ganci sui quali ancorare i vari cavi e tubi, in modo che non fosse visibile niente dall’esterno.”
Ciò naturalmente ha imposto il totale disassemblaggio della moto, che ha creato i presupposti per una revisione in toto del motore. Anche in questo caso, infatti, si è smontato tutto ciò che poteva essere ravvivato o sostituito.
Con l’occasione, è stato alleggerito il volano e adattata la trasmissione primaria della 748, mentre sono state riviste anche le teste, in particolar modo per quanto riguarda la parte fluidodinamica; infine, è stata rimappata la centralina che gestisce l’impianto di iniezione-accensione.
Tanti pezzi realizzati ad hoc per una moto unica, nata da un modello con tutt’altre caratteristiche.
La frizione è rimasta di serie, anche se adesso è ospitata all’interno di un carter lavorato in modo da farle prendere più aria e vanta un piattello della Rizoma che, oltre a essere più leggero, è anche bello esteticamente. Su questo componente è stato inoltre cambiato l’ordine di montaggio dei dischi, in modo da ridurne la rumorosità.
La batteria è, come dice scherzosamente Alessandro, di tipo a scomparsa, visto che quando si scarica si può buttare via la moto!
“Il fatto è che modificando tutto l’impianto elettrico, siamo stati costretti a concentrare i vari componenti, così che la batteria si è venuta a trovare in una zona di difficile accessibilità meccanica. Per fortuna, ci siamo ricordati di derivare due fili da essa in modo da poterla ricaricare senza dover smontare mezza moto.”
Corrado, da parte sua, ci spiega invece il grande lavoro che è stato fatto sul telaio per farlo combaciare con il serbatoio del carburante: “Gli attacchi di questi due modelli, ST4 e 748, sono molto diversi tra loro, perciò abbiamo dovuto togliere quelli vecchi e ricostruirne altri artigianalmente. Inoltre, c’era da tenere conto del fatto che la parte bassa del serbatoio della 748 appoggia direttamente sull’airbox, che noi abbiamo dovuto dunque rifare ex-novo.”
In questo caso sono stati utilizzati dei fogli di lamiera opportunamente sagomati; così come per il contenitore destinato al recupero dei vapori dell’olio, che integra l’alloggiamento per la batteria. I numerosi “alleggerimenti” della struttura hanno comunque portato a un notevole risparmio di peso rispetto al modello originale. Se una ST4, infatti, si aggira intorno ai 215 Kg, la Vyrale ferma l’ago della bilancia a quota 173 Kg con addirittura qualche litro di benzina nel serbatoio.
“Al di là di questo dato numerico, – spiega Abruzzese – la differenza in termini di peso si riflette senza ombra di dubbio sulla guida, anche se devo confessare che la prima volta che ho provato la moto, dopo le varie modifiche, volevo buttarla in un cassonetto! All’inizio, infatti, l’assetto era completamente sbagliato: troppo alto dietro e troppo basso davanti. Inoltre, le sospensioni risultavano molto rigide: un disastro insomma! C’è voluto un po’ di tempo per mettere a posto la ciclistica, ma adesso le cose funzionano come si deve. Abbiamo lavorato anche sulla posizione di guida, che doveva essere adeguatamente rialzata per non penalizzare il comfort. Il manubrio è infatti quello di una Multistrada, mentre le piastre di sterzo sono di un Monster S4R. Va detto che le pedane non sono particolarmente basse, ma direi che per almeno 150 Km si riesce a guidare abbastanza comodi, considerando comunque il fatto che io sono alto un metro e ottantasette.”
Alessandro desidera infine ringraziare la RT Racing e il suo amico Vincenzo per l’aiuto e il supporto che gli è stato fornito durante la realizzazione della Vyrale. Un oggetto nato in un contesto di grande passione e costruito con sacrificio, anche se non sono mai mancate le battute per tenere alto il morale dei vari interpreti che hanno preso parte ai lavori.