Valentino Rossi alla Ducati. Il foglio sul computer continuava a rimanere bianco!
Che cosa scrivere di questa unione auspicata, che sembrava non dovesse realizzarsi mai e che, pure quando pareva più che probabile, anche solo per pudore o scaramanzia, ci ostinavamo a ricacciarne il pensiero in un angolino buio, in un luogo della nostra mente che ci illudevamo poco frequentato. Invece è successo: la Desmosedici sarà la moto di Vale nel 2011 e, quindi, qualche considerazione va fatta. La prima cosa che ci è venuta in mente è il rifiuto di etichettare questo nuovo binomio come l’ennesima sfida del pilota di Tavullia; vediamo perché.
La carriera di Rossi è costellata di “ennesime sfide”, roba da ricavarne titoli di sicuro effetto. Riassumiamo: c’è stato il “figlio di Graziano”, che ha dimostrato il proprio talento in 125, poi “Rossifumi”, chiamato a confermarsi in 250. Percorsi naturali di ogni pilota, accompagnati sempre e comunque da rulli di tamburi.
Poi la Honda 500 NSR e la RC211V: con esse Valentino ha mietuto vittorie e demolito avversari, in maniera talmente perentoria da generare dubbi su chi contasse di più, lui o la moto. E’ qui che Rossi ha dato un segno forte agli avversari: vi lascio il mio “missile”, mi prendo una moto che non vuole nessuno e vi batto tutti lo stesso!
La vera sfida di Rossi – a nostro avviso – quella che aveva il sapore di scommessa impossibile anche per uno come lui, è stata quella intrapresa passando alla Yamaha.
L’unico salto senza rete degno della rullata di tamburi. Il pesarese l’ha vinta, battendo gli avversari già al primo anno, continuando nelle stagioni successive, e soprattutto trasformando la moto giapponese in una micidiale macchina da combattimento.
Ora succede che i giapponesi lo abbiano fatto arrabbiare, negandogli la riconoscenza che pensava gli fosse accordata a vita ed eccolo qui, da noi, alla Ducati.
Ecco, dopo questo sommario riassunto, diremo perché, questa volta, non c’è bisogno del rullo di tamburi. Basta applaudire.
In primo luogo perché la Desmosedici è una moto competitiva, lontana dall’annegare nella situazione nella quale si trovava la Yamaha prima dell’avvento del campione e quindi il binomio nasce per essere senza ombra di dubbio uno dei migliori tra quelli che saranno in lizza il prossimo anno.
Una situazione equilibrata, questo è certo: indiscutibili sono il valore del pilota e quello della moto.
La Ducati cercava Rossi da tempo e, finalmente, il nove volte campione mondiale ha visto nella creatura di Borgo Panigale il mezzo adatto a prendersi le proprie rivincite e a consumare le proprie vendette.
Una scelta se si vuole obbligata, ma anche calcolata.
Ducati e Rossi si sono sempre rispettati, ognuno ha sempre riconosciuto il valore dell’altro e questo matrimonio, che avrebbe potuto anche non verificarsi mai, visto sotto l’angolazione dell’eccellenza dell’uno e dell’altro contraente, era invece nella naturalità delle cose che avvenisse: “Poche storie! – ci disse una volta Agostini – La moto migliore va al pilota migliore e viceversa!”
Una frase pronunciata senza diritto di replica, tirata fuori d’impeto quando si parlava di Valentino che sarebbe andato a guidare la Honda 500 NSR che era stata di Doohan, ma quanto mai attuale. Valentino è il pilota più bravo e la Ducati è una delle moto migliori, da anni, anche se ha concretizzato meno di quello che avrebbe potuto, in termini di vittorie, perché la MotoGP si gioca sul filo del rasoio.
La prima cosa che ci viene in mente ora è che tanti (appassionati della Ducati e ammaliati nel contempo dalle invenzioni magiche del pesarese) vedranno riunite finalmente nell’accoppiata le proprie passioni.
Pensiamo siano molte le persone che finalmente, dopo anni di perenne bilico e di cuore diviso a metà tra Ducati e Rossi, troveranno una pace combattiva ed esaltante.
Poi assisteremo a un travaso, o meglio a una convergenza di tifosi di entrambe le parti. Saranno in moltissimi gli appassionati di motociclismo che depenneranno dalla lista dei “nemici” sulla propria agendina l’una o l’altra parte.
La Ducati e Valentino saranno per molti la squadra nazionale impegnata in MotoGP e, una volta tanto, questo binomio figlio di congiunture astrali favorevoli, solleverà più di uno dal dilemma eterno se tenere per la moto o per il pilota: Ducati Desmosedici numero 46 e basta!
Si dirà: “La Ducati di Valentino…” e “Rossi e la sua Ducati…”
Abbiamo analizzato gli “effetti” di questa nuova coppia partendo dalla base rappresentata dagli appassionati ed era giusto iniziare da lì, ma ci sono, nell’operazione, dei motivi che vanno oltre e che sanciscono, ancora una volta, l’estremo equilibrio del binomio. Da una parte c’è Rossi, che si ritrova in una squadra rodata, abituata a vincere. Una situazione, la sua, nel segno della continuità: scende da una moto vincente e sale su una moto altrettanto competitiva. Nessun salto nel buio, lo abbiamo già detto.
Sull’altro piatto della bilancia c’è la Ducati, che si ritrova in casa il migliore. Rossi è unico ed è una persona con la quale si può ragionare, anche dopo anni di vittorie e di consapevolezza di essere il numero uno.
Valentino Rossi: uno degno del rispetto della squadra, sia chiaro, ma un ragazzo per il quale non c’è da stare nella benché minima situazione di sudditanza psicologica, uno abituato a portare rispetto.
Rossi ha carisma e il carisma basta a tenere unita una squadra. Quando c’è da lavorare si lavora, poche storie: è il credo da sempre condiviso sia dal pilota che dagli uomini “in rosso”.
Va poi considerato il risvolto mediatico: non si parlerà della Ducati senza parlare di Rossi e viceversa. Da questo, inutile negarlo, sarà Borgo Panigale a trarne il vantaggio maggiore.
Comunque, per ribadire il concetto già espresso, non ci sarà modo di scindere la moto dal pilota e, se è vero che Rossi non andrà a inforcare una moto da svezzare, è anche vero che si metterà sotto al sedere la Ducati, non “una delle Yamaha” e non “una delle Honda”.
Rossi parla con la propria moto, è cosa risaputa: bene, adesso ne avrà una che parla la sua lingua, particolare nel suo layout tecnico come non ne ha mai avute, da amare, da ammirare.
Vivrà una situazione diversa, ne siamo sicuri, più gratificante, amerà una moto come non ne ha mai amate altre. Venire ammaliati dalla Ducati è facile per tutti: lo sarà anche per lui e questo darà ancora più sale a quella che è la grande avventura del pilota di Tavullia nella storia delle competizioni. Rossi potrà sentire quanto la Ducati e chi lavora in Ducati gli siano vicini, potrà trarre beneficio dal fatto di avere tutto lì, a portata di mano.
Allarghiamo ancora un po’ l’inquadratura, facendo entrare nella nostra analisi anche altri fattori: un Rossi vincente in Ducati è uno scudo anche contro la crisi economica e contro lo spauracchio della fuga degli sponsor.
Questo vale per Ducati, ma avrà una ricaduta per tutti: noi chiaramente speriamo di no, ma vi immaginate la soddisfazione, anche materiale, di battere un binomio così per le squadre avversarie?
Per ultimo ci siamo lasciati il motivo dominante, quello che ci è venuto in mente per primo, espressione anch’esso dell’equilibrio giocato sull’eccellenza delle parti in gioco: l’Ingegner Filippo Preziosi e Valentino Rossi, insieme. E’ bello per entrambi che alla fine si siano trovati.
Filippo Preziosi ha saputo creare una moto che è andata forte da subito e l’ha mantenuta ai vertici con risorse materiali di gran lunga inferiori a quelle profuse dalle grandi industrie giapponesi, contando su quelle “idee che non costano nulla, che sono gratis”, per usare le sue parole.
Filippo e i suoi uomini sono l’eccellenza tecnica nella MotoGp, troppo spesso frustrati, nel loro percorso, da fattori esterni che hanno impedito di raccogliere quei frutti che sarebbero stati a portata di mano.
Rossi troverà nel responsabile di Ducati Corse un interlocutore pronto e a portata di mano, accordato sugli stessi suoi obiettivi. Proprio da questa vicinanza, fisica e di valore – ne siamo sicuri – la carriera di Rossi prenderà un impulso inedito, che la farà durare per chissà quanto ancora.
Filippo e Valentino si meritano di avere a disposizione l’uno l’eccezionalità dell’altro.
Pensate se non fosse successo…
Foto Marco Rimondi e Ducati Corse
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