Eccoci dunque al punto. Dopo mesi di ipotesi, speranze, curiosità e fantasie, ci troviamo al di qua di quell’immaginario punto sulla linea temporale che ha segnato le prime volte di Valentino Rossi in sella alla Ducati.
Stiamo parlando delle prime due gare, in Qatar e in Spagna. Adesso sappiamo com’è andata: prove tribolate, che gli hanno portato rispettivamente un nono e un dodicesimo tempo, e gare altrettanto difficili, dove al settimo posto di Losail è seguito il quinto di Jerez. In entrambi i casi, dunque, risultati al di sotto delle aspettative, anche se con contenuti molto diversi.
Sì perché, all’esordio, Valentino ha saputo accorciare in gara il divario, quanto a tempi sul giro, che gli avversari gli avevano rifilato in prova, mentre in Spagna, con la pista bagnata, Rossi e la Desmosedici numero 46 avevano addirittura la clamorosa possibilità di vincere, ma poi è arrivata la caduta che, oltre a privare Valentino di un possibile successo, ha coinvolto anche l’incolpevole Stoner.
L’affiatamento con la Ducati che deve ancora arrivare, i problemi alla spalla infortunata non del tutto risolti, il gap prestazionale della moto rispetto alle concorrenti e la polemica con il pilota australiano: insomma, c’è stato di che parlare!
Noi, naturalmente, non ci siamo tirati indietro: abbiamo chiamato all’appello una serie di amici chiedendo di sbilanciarsi in una chiave di lettura, a botta calda, cercando di capire se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto.
In tanti, gente che di gare se ne intende, hanno risposto all’appello, aggiungendosi idealmente alle chiacchiere che avrete sentito e scambiato al bar o nelle pause dell’uscita in moto domenicale.
Il più “cattivo”, tenendo fede alla fama di duro guadagnata quando correva, è stato Phil Read. Il primo pilota della storia a portare in gara la Ducati nella massima cilindrata del Motomondiale è stato una lama di rasoio: “Valentino deve smettere di cercare scuse per i tempi sul giro mediocri tirando in ballo la spalla infortunata: la Ducati ha bisogno di più velocità e accelerazione!”
A controbattere ci pensa il dottor Massimo Corbascio, della Clinica Mobile: “No comment, – dice Massimo – è malandato. Io al posto suo mi sarei distrutto!”
Molto meno estremo di quello di Read è il commento, condiviso, di Livio Lodi, curatore del Museo Ducati, e di Vanes Francini, pilota Ducati impegnato nell’Endurance negli anni Ottanta: “Non si è risparmiato. Ha fatto quello che la sua forma fisica e il feeling con la moto gli hanno permesso, prendendosi anche qualche rischio. Ci è piaciuto e fra qualche gara lo vedremo lottare più avanti.”
Molto meno possibilista è stata Lady Ducati: Luisa, la più conosciuta tifosa della Ducati in Italia e nel mondo, ha detto: “La mia impressione è stata di uno che le tenta tutte per evitare figuracce, consapevole che i problemi sono evidentemente molti e dalla risoluzione misteriosa e forse improbabile: si prova con le gomme, la partenza strategica, nell’intenzione di contrastare l’incontenibile fuga. Nel confronto con Stoner in Qatar, ad esempio, guardando indietro negli ultimi anni, esce in difficoltà, ma è difficile suddividere le responsabilità tra pilota e moto.”
Leandro Becheroni, l’ex pilota della classe 500, dimostra di averci rimuginato sopra, fornendo un’analisi articolata: “Dopo le prove in Qatar, che sono andate male, – attacca Leandro – in gara ha mostrato sicurezza, oltre che una bella guida. Magari, con la paura di sbagliare, non ha osato di più! La moto mi è sembrata un po’ instabile e lui un po’ stanco, ma Vale, per come lo conosco, ha scommesso su se stesso e se ritroverà la forma fisica porterà la Ducati a vincere già in questa stagione.”
Dalla pista, che Leandro frequenta ancora, al polverone e al fango: è stato preziosissimo il contributo di un caro vecchio campione del mondo di motocross; Georges Jobé, infatti, la vede in questo modo: “Penso che Valentino debba ancora recuperare un buon vigore fisico prima di poter mettere a punto la moto. E’ un grande campione e sa quello che fa! E’ meglio cominciare dolcemente, prendendo punti, che velocemente, con il rischio di ritrovarsene zero. La stagione è lunga e i risultati più belli devono ancora arrivare. Sono certo che vincerà delle corse!”
Non ci sono dubbi, Georges pare essere, oltre che un osservatore, anche un ammiratore di Valentino Rossi, così come, tanto per rimanere nell’ambito dei piloti belgi francofoni, Stéphane Mertens, pioniere dei successi della Casa di Borgo Panigale in Superbike: “Valentino e la Ducati non sono ancora pronti al cento per cento. Il pilota ha dimostrato di avere la determinazione e la grinta, è stato il solo pilota Ducati a tenere un ritmo elevato ma, quando si fanno sentire i problemi alla spalla, è costretto a mollare. Non parte favorito per il titolo, ma ha fatto capire che si potrà contare sulle sue enormi capacità per ribaltare il pronostico. La stagione è lunga e lo spettacolo deve ancora cominciare. Io, intanto, incrocio le dita!”
Gli fa eco un suo omonimo, il francese Stéphane Chambon, uno dei “padri fondatori” del supermotard, nonché campione del mondo della classe Supersport nel 1999: “Non vi preoccupate, sarà in grado di vincere molto presto!”
Attraversiamo idealmente la Manica e troviamo l’inglese Roy Thersby, tecnico artefice delle vittorie a raffica di Tony Rutter al Tourist Trophy: “Penso che Valentino abbia ottenuto due piazzamenti tutto sommato positivi. La Ducati è la regina delle moto da corsa e farla andare forte richiede conoscenza e passione. E’ stato nella condizione di poter osservare da vicino la concorrenza e, dalle prossime gare, Valentino e la Ducati avranno avuto il tempo di adeguarsi.”
Il socio di Roy, Patrick “Pat” Slinn, valuta la situazione aggiungendo una particolare e interessante chiave di lettura: “Sono d’accordo con Roy, circa la grande passione che ci vuole per far andare veloce la Ducati. Anche la squadra che Rossi si è portato dietro dalla Yamaha deve acquisire un po’ d’esperienza. Con questa moto non serve impiegare i tecnici come se fossero freddi utensili presi da una cassetta degli attrezzi!”
Da un tecnico all’altro: a parlare è Toshi Araki; lo storico meccanico di Haga la pensa così: “Erano le prime gare, un po’ poco per una moto nuova e una spalla malandata. Penso che abbia fatto un buon lavoro. Ha solo bisogno di più tempo.”
Torniamo in Italia. A dire la sua è un altro ex pilota della classe 500, Attilio Riondato: “La mia impressione è che la Ducati, quanto a guidabilità, non sia a livello di Honda e Yamaha e Valentino non può aspettare che gli venga cucita la moto su misura. Occorre che si convinca che la moto, per il momento, è così e che si sforzi di adattarsi per tirarne fuori il meglio, come faceva Stoner lo scorso anno. Non può essere che la Ducati sia peggiorata di un secondo al giro rispetto allo scorso anno. Se in Qatar, a metà gara, Rossi girava come i primi significa che si stava impegnando sul serio ed è quella la strada giusta per stare con i migliori!”
Anche Pierpaolo Bianchi ha accettato di intervenire: “Non saprei cosa dire, – commenta l’ex iridato della 125 – dal momento che la Ducati ha vinto nelle ultime gare dello scorso anno, ma ho visto un Rossi che, al di là dei dolori, si è impegnato come sempre; pensavo solo che si potesse piazzare un po’ meglio. Comunque avrà modo di venire fuori.”
Il commento di Giuliano Sartoni, team manager ed ex pilota del campionato del mondo Superbike, può essere riassunto dicendo che è presto per giudicare e che questa, per Rossi, è la sfida più grande, dove il pilota di Tavullia può dimostrare, una volta in più, gli attributi che ha.
Ecco, questa è l’ideale riunione di gente che, come voi che leggete, si è incontrata per discutere dopo la gara, si è trovata a pensare, ad analizzare, con l’intento di passare allo step successivo: archiviate le prime due gare, tutti cercano di prevedere quale sarà l’andamento del resto del campionato, perché (lo sappiamo bene) siamo una massa di impazienti e gli amici chiamati in causa dimostrano, una volta di più, che tutto il mondo è paese!
Foto Ducati Corse
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