Ci sono delle riflessioni che la mente rilascia quando meno te le aspetti: siamo a bordo pista, durante il Gran Premio di San Marino e della Riviera di Rimini, dietro il muretto e dietro l’oculare della macchina fotografica. E’ il mondo ritagliato che riesce a darti l’inquadratura, forse, a estrapolare pensieri liberi. Niente di che, intendiamoci: la riflessione è quella di vedere Rossi sulla Ducati: troppo bello!
Un binomio che fino a poco più di un anno fa pareva non doversi comporre mai; la moto, con il suo pilota in sella è un’esplosione di colore, un trionfo di luce, la celebrazione del gesto atletico accompagnato dal rumore sordo della Desmosedici, l’uno congelato dagli scatti fotografici, l’altro che rimane nel cuore. Non esiste che alla fine tutto ciò non possa funzionare: è questo, dunque, che ci martella nella testa.
Siamo a raccontare di speranze disilluse, di trionfi sperati e neanche avvicinati, siamo a raccontare di fatica, bocconi amari da mandar giù, di lavoro oscuro, onorevolmente sporco, lontano dall’essere celebrato dall’esplosione dei tappi dello champagne sul podio, ma la Ducati e Valentino devono poter funzionare!
Ne va dell’onore di tutti, ecco perché: la Ducati, posto il fatto che Rossi non abbia nulla da dimostrare, ne uscirebbe quale la Marca che non ha saputo mettere in grado il campione di Tavullia di esprimere il proprio potenziale e su questo andrebbero fatte alcune ulteriori riflessioni.
Una è che Rossi non si troverebbe a essere il primo a scontrarsi senza successo con il carattere spiccato e particolare della Desmosedici 800: prima di lui Capirossi e poi Melandri, passando attraverso un Hayden che solo a un’analisi superficiale se ne starebbe lì senza arte e né parte.
La seconda è che Stoner, pur rimanendo l’unico generoso e magistrale interprete della moto di Borgo Panigale, ne ha spesso (e in tempi non sospetti) denunciato i difetti, che non a caso, coincidono quasi perfettamente con quello che oggi altri lamentano.
Onore quindi a Casey che ha saputo tradurre in risultati la sua interpretazione della Desmosedici 800, né più né meno di come è configurata adesso e con la quale, concedetemi una storia fatta con i se e con i ma, anche lui, oggi, sarebbe stato in difficoltà. Dalla parte opposta c’è lui, The Doctor.
Se questa situazione perdurasse anche nella prossima stagione, lo smacco sarebbe totale: il celebrato luminare che fugge al capezzale di un paziente. I suoi detrattori, quelli pronti da sempre a negare l’evidenza di uno dei più grandi talenti mai espressi dal motociclismo, lo aspetterebbero al varco, a prendersi fredde vendette sulle mille volte che hanno dovuto ingoiare amaro.
Ecco perché, anche alla luce di una situazione da raddrizzare, per l’onore delle parti in causa, questo stato di cose deve cambiare: e si lavora per questo. Certo, farebbe comodo un silenzio stampa come quello che impose Bearzot ai calciatori dell’Italia alla vigilia dei Mondiali di Spagna nel 1982, ma in tempi come questi, dove ogni mossa scatena l’assalto mediatico, non è possibile.
Che si stia lavorando alacremente è una certezza, avvalorata anche dalle dichiarazioni di Valentino, quando dice, riferito a se stesso e alla squadra: “Non ci possiamo permettere di non girare mai. E’ una situazione assurda, concepita per ridurre le spese, quando poi, alla fine, il costo del leasing delle moto è sempre lo stesso e anche le altre voci in bilancio sono immutate. E’ assurdo che girino collaudatori che vanno tre secondi più piano, non capendoci tanto, quando ci sono i piloti ufficiali che devono stare a casa, pagati, senza poter toccare la moto! Secondo me è una regola stupida. Siamo l’unico sport dove i piloti non provano mai: è come se a un calciatore si chiedesse di allenarsi una volta sola alla settimana!”
In questa frase c’è la chiave di tutto; c’è la volontà di Rossi, frustrata dall’impossibilità di girare e di sviluppare la moto, di caricarsi ancora di più addosso la responsabilità dello sviluppo, altro che resa del dottore! Rossi vuole lavorare, sporcarsi le mani anche con il lavoro di base, e questo è uno dei segnali che questa situazione, lontano dai primi, non durerà.
Del resto, anche quello che è sembrato come un annaspare a destra e sinistra, senza trovare il benché minimo bandolo, si può leggere come una brusca accelerazione verso la definizione della moto dell’anno prossimo, una volta visto che quello che era in essere non andava bene: “Abbiamo fatto tanta confusione, – è sempre Rossi a parlare – ma è stato un lavoro importante per il futuro; poi ormai quest’anno se non è quinto, facciamo sesto, non è che si possa vincere il Mondiale!”
Qui va fatta un’altra considerazione: in più occasioni, Rossi ha chiuso le gare con un tempo totale inferiore rispetto a quello impiegato da Stoner lo scorso anno, a riprova che può guidare come l’australiano e anche del fatto che non si possa definire totalmente sbagliato il progetto della moto attuale. Semplicemente gli altri hanno progredito di più e occorre rimettersi al passo e riuscire a saltare quell’asticella che adesso si trova più in alto.
Anche l’Ingegner Preziosi è solito dire che il livello è dato dal confronto, ossia non dal valore assoluto, ma dal paragone con le prestazioni degli altri.
Ecco perché serve fare quadrato, non curarsi delle provocazioni che arrivano dall’esterno, perché in questo, forse più che in tanti altri sport, il confronto avviene sul filo del rasoio, sui centesimi di secondo.
La Ducati di oggi non è quella definita da Valentino, se è vero che la moto prende forma già dopo pochi mesi dell’anno precedente. Il nove volte campione del mondo sta svolgendo ora il lavoro dei test: facendo buon viso a cattivo gioco, utilizza per questo scopo una stagione che appare interminabile.
Lo ha detto anche Alessandro Cicognani: Ducati ha praticamente buttato via i test precampionato, a causa principalmente delle imperfette condizioni fisiche di Valentino.
Il campione di Tavullia ha adesso la possibilità di fare sviluppo: “La Ducati sta cercando di tradurre le mie indicazioni in materiale: è per questo che mi hanno voluto. Se quest’anno gli altri piloti Ducati sono sembrati talvolta andare meglio è stato grazie al fatto che io sono quello che deve sviluppare la moto e così riescono a trovare un traino per le prove o a beneficiare di una gomma morbida. Sta di fatto che la mia è l’unica Ducati che è stata in grado di stare vicina alle Honda e alle Yamaha.”
Certo, un Rossi su Ducati vincente da subito era nelle aspettative sia dei suoi tifosi, sia in quelle degli appassionati del Marchio. Adesso c’è da fidarsi del lavoro che tutti stanno portando avanti a testa bassa, ridefinendo quelli che potremmo assimilare ai parametri dell’allenamento di un atleta, per diventare ancora più forti e potersi confrontare di nuovo con i migliori. “Adesso è come prenderle da uno più grande, – dice sorridendo Valentino – ma verrà il giorno in cui saremo noi a darle!”
E’ la speranza di tutti i ducatisti!
Foto Micro e Mega, Roberto Rimorini
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